VISIONI SOSPESE TRA ARCHITETTURA E DESIGN
Durante il Fuorisalone siamo particolarmente incoraggiati e stimolati a esplorare Milano, a riscoprirne i quartieri più placidi o secondari, a immergerci in aree dismesse che riprendono temporaneamente vita, come gli spazi dei Magazzini Raccordati proprio qui accanto.
Ci troviamo infatti non lontano dalla stazione centrale, in un quartiere che è testimonianza storica del paesaggio urbano delle periferie milanesi dei primi del novecento, in una via resa iconica dalla ballata antimoderna di Celentano, e da dove proviene il suono dell’amico treno che fischia così: “Wa Wa”. In quest’area ricca di contaminazioni e scrigno di un passato ancora manifesto, si trova il Bar Gluck che accoglie questa piccola esposizione di Francesca Rossi, dalla duplice anima di architetto e artista.
A introdurvi nei suoi mondi contemporanei, ma allo stesso tempo dal sapore d’antan, l’opera “Porta del Design”, concepita dall’artista proprio in onore del Fuorisalone. Francesca ci invita a unirci alle tre spettatrici e ad ammirare il reticolo ipnotico che accoglie alcune creazioni iconiche da Achille Castiglioni, passando per Le Corbusier ad Alessi.
Se inizialmente ci troviamo quindi in una situazione surreale, nelle opere successive la Rossi ci accoglie in alcuni interni dal sapore contemporaneo, in cui introduce però degli ingredienti del passato riuscendo a dar vita ad atmosfere sospese.
Nella “Casa del collezionista”, in cui l’artista ha collaborato con Michela Trentin e Luca Cristiani per la parte progettuale, elementi di arte e design di diverse epoche, culture e stili si inseriscono in maniera elegante nell’ambiente. Oggetti e arredi sono manifestazioni del gusto eclettico dei loro proprietari che, fuggiti dai dipinti “Office at Night”, “Hotel by A Railroad” e “New York Movie” di Edward Hopper, ci accolgono nella loro abitazione trasmettendoci quella serenità illusoria tipica delle ambientazioni del pittore americano.
Francesca riflette sulla dimensione domestica immaginando, non solo l’arredo dell’appartamento, ma anche chi lo abita e suggerendoci, attraverso gli elementi disseminati nei vari ambienti, come i personaggi siano in realtà collezionisti di esperienze perché ogni souvenir è legato a un viaggio che cercano di portare nella propria quotidianità per rivivere, anche solo in parte, determinate emozioni.
Le 4 opere successive fanno invece parte del progetto di tesi “Un incompiuto di Gio Ponti” realizzato da Francesca Rossi insieme alla collega Michela Trentin.
Il duo ha immaginato come proseguire la costruzione della villa padronale ideata da Gio Ponti all’interno del Parco della Favorita a Valdagno, e rimasta incompiuta a causa dello scoppio della guerra. L’idea di rivisitare il progetto senza tradire gli studi del padre dell’architettura e del design contemporaneo ci trasporta all’interno di uno spazio museale in cui tutti i personaggi che lo abitano sono citazioni di disegni di Gio Ponti, come il Fumatore e il Suonatore stanco che sono stati riprodotti su piastrelle realizzate negli anni 30 dalla manifattura della Richard Ginori S.Cristoforo Milano.
In mostra troviamo quindi una serie di lavori in cui Francesca Rossi da anima a spazi intimi dove architettura, arte e design si prestano a un dialogo coinvolgente fra presente e passato, in cui realtà apparentemente verosimili celano un sostrato profondamente onirico.
Testo di Rebecca Piva
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